2° premio: "I Poeti dell'Adda" - XIII Ediz.
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ENIGMA
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Mira diritto al cielo
caleidoscopio di triangoli acuti
sfaccettati a pensiero.
Se fossi santo proteggerei
lapidi di ricordi avanti Cristo,
imbiancate a ventaglio.

Sciolgono monti in fiumi
cieli d’ozono trasparente
nell’afa d’affanni oscuri,
tra nubi di notti lucenti
disposte ad enigma.

E’ duro il risveglio
tagliato a diamante,
intarsiato a legno di valle,
secolare di pianto.

Se fossi oblio
ammanterei di notte i sogni
finché c’è vita animale,
insaziabile di luce.

Quando vento
è assente di brezza,
tutto si arresta
e si dispone a cerchio
di sfera perfetta
sospesa nel vuoto,
in attesa d’introspezione,
sicché silenzio
diventa enigma,
senza soluzione.
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9° premio: "I Poeti dell'Adda" - XIII Ediz.
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COME SASSI LANCIATI DI PIATTO
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Ho lanciato di piatto
per contare i balzi dei sassi
prima che affogassero nel fiume
e si depositassero sul fondo,
in eterno, all’ombra del salice,
sotto il peso di un cielo senza vento
dove gli aquiloni restano a terra
e colorano l’erba dei campi.

Ho camminato lungo estuari
che sfociano inesorabili
e portano con sé le notti d’estate
che brillano di stelle, come gli amori
che struggono di nostalgia.

Ho consumato città
dalle notti che sentono di asfalto
e dai palazzi troppo alti
che fanno cadere all’indietro,
sino al fruscio dell’ultimo bus
perduto per paura di tornare.
Al suono dell’armonica a bocca
contro i muri e le luci dell’alba,
fino alla liberazione dell’ultima
volta, sotto il suo portone.

Ed ora conto i giorni
come sassi lanciati di piatto
sui tetti di questa città,
dove i cani girano prigionieri
dei loro guinzagli
e le ore consumano la vita
all’ombra delle antenne
sulle quali sopravvive qualche uccello
che sembra finto, mentre i ricordi,
lentamente, volano via.
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4° premio: "Città di Melegnano" - XIII Ediz.
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RICORDI
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Sotto le mura,
all’angolo del gelsomino,
tutto è più grande
e cerco di dare un senso
al ritornar uccello impagliato,
con un piccolo groppo in gola
vellutato d’angora
come i ricordi
che rincorrono il tempo
in sordina, perché risveglio
non colga.

Lo spazio è convenzione
e piego i cucchiai da lontano,
immaginazione è realtà
e si muore troppe volte
in attesa dell’ultima.

E congiungo, congiungo,
perché anche un punto
non compia il pensiero,
non fermi lo scorrere
che si nutre di tempo.
Tutt’al più una virgola,
un ricordo tanto per ferire,
dolcemente, solo un poco.

“...di lontano
io vedea navigare...”
con le finestre aperte,
perché luce purifichi
quelle quattro cose
che tengo strette
nelle mie mani forti,
in attesa del bello.
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4° premio: "Marguerite Yourcenar" - XV Ediz.

JAZZ

Vorrei essere musica
per defilarmi sotto i ponti
e scivolare sino al mare,
come un samba
che agita le vesti
e illumina i boccaporti
prima di disperdersi nel cielo,
assieme agli aquiloni.

Vorrei divenire brezza
che attraversa i ciliegi,
alita lieve tra i capelli,
agita le lenzuola delle amanti,
colora di menta le cime dei pini
e si riscalda di giallo arancio
nel sound del sole.

Vorrei essere santo
per camminare scalzo
nei quadri fiamminghi,
dove i fiumi incrociano le valli,
nelle terre di Fiandra,
e raccogliere le noci
assieme alle ghiande
verde oliva.

Vorrei che ti ricordassi
qualche volta di me
quando tramonta la domenica,
quando si disperde,
assieme all’ultima nenia jazz,
il suono di una tromba in sordina
che spegne l’aria di festa,
colora di rosso le ombre della via
e strugge l’anima.
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5° premio: "Lions Club Savona Priamar" - II Ediz. - poesia singola inedita
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AMARO DI CITTA'
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I vicoli di questa città scorrono
tra i prezzi affissi sulle botteghe
con quei quattro resti animali
messi in vendita per un po’ di sale
senza la pietà di un lamento.

Qui non ci sono vele e vento,
solo banche con le impiegate
che accavallano le gambe
tra i capricci sui manifesti
e i libri letti in piedi sul metrò.

Si muore ogni giorno
aspettando la sera
con un po’ di tv e un’alcaselzer,
si sogna l’astronave
che ci porti lontano
dove il mondo è solo un sasso
senza vene.

Anche i ponti sentono d’amaro
e non c’è pensiero nella pubblicità
di gelati verdi come il dollaro,
nei sorrisi a pagamento,
nel caffè lungo e la torta rossa
di frutta e vitamine.

Ho consumato il mio tempo
inseguendo cieli e scie d’astronavi
ed ora attendo il fine settimana,
accendo un po’ di jazz,
spengo la luce
e aspetto che arrivi tu
che porti le gonne corte
e i tacchi alti.



6° premio: "Il Club dei Poeti" - XI Ediz.

HOTDOG

A volte il sole non tramonta mai
e t’impicchi seduto
in un giardino qualunque
aspettando che sera ponga fine.

Voli ampi intorno ai campanili
bucano gli archi dei monumenti
e gonfiano striduli le chiome
degli alberi allineati tra le siepi,
filo spinato che s’intona a trappola.

Bianco di ghiaia che non diventa scuro,
ombra che perde nel rosso che vince,
s’attardano le madri
con i figli che scalciano,
giacca di donna che brilla payette,
lampeggiano occhiali e feriscono
pensieri che fanno male.

Luce artificiale che spegne i fiori,
lava gli asfalti e accende la città.

Passa in grigio con cravatta
e, assieme ad un hotdog,
ingoia questo scorcio di giorno
che non si rassegna a morire.

Menzione di merito a: "Solaris" - 2^ ediz. - Montag ediz.

VUOTO A PERDERE


Così,
sospesi all’ultima loggia
si scalcia dal fondo del letto
e la malinconia artiglia la gola
mentre si vorrebbe
stare ancora lassù
ma non vi è più
dove aggrapparsi,
solo notti di finestre spente,
tetti deserti e ferite d’antenne.

E non è vero che si è,
si è solo come si può
afferrando una trama,
una sopravvivenza,
uno squarcio di cielo
che cola giù
come tabacco masticato
che impasta di amaro
e inaridisce l’anima.

E anche se ci sei non ci sei,
ho scoperto di esistere
come un codice a barre,
gratis, in offerta speciale,
solo così posso
disperdere i giorni
in attesa di un bip,senza troppo morire.


Menzione di onore a: "Premio Letterario Giordano" - 7^ ediz. - Città di Savona - Ass. Cult. Zacem

TU CHE SEI NATA AL MARE

Ti sorprende la pioggia
all’uscita del sottopasso,
in questa città afona
con le finestre
che ti guardano di sottecchi,
dove si cammina senz’occhi
al ritmo degli orologi,
tra i grattacieli
che soffocano le vie.

Lo smog ingoia e rigenera
un groviglio di vite anonime
come i numeri infiniti
sulle porte delle case
dai soffitti bassi,
con le luci accese di giorno
e la tv anche nel bagno.

Chissà se pensi qualche volta a me
tu che sei nata al mare,
dove ci si arrangia sotto il sole
al ritmo lento dell’essenziale
mentre gli uccelli corrono sui tetti
lucenti come il bianco delle case
e di notte ci si addormenta
sotto una coperta di stelle
con una canzone nel cuore.

Questa sera
voglio guardare il cielo
da quassù, al decimo piano,
e pensare a te,
ad un fuoco amico
che fa ancora male.

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